"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Gusto globale, gusti banali - La crisi porta lavoro? «Succede solo da McDonald’s»!

09.04.2009 17:56

12 000 nuovi posti di lavoro. Non si tratta di una promessa elettorale, ma delle posizioni attualmente aperte in Europa presso la catena di fast food più famosa e criticata dell’universo mondo, McDonald’s.

Simbolo di una battaglia aperta e di un dissenso sfrenato, in un tempo in cui le fabbriche chiudono e il settore dell’alimentazione cancella i suoi ambiziosi piani di espansione, i ristoranti (licenza poetica per i diffusori di cibo in questione) di origine californiana sembrano gli unici beneficiari della recessione. Certo, potremmo limitarci a guardare lo scorrere degli eventi e affermare, come gli antichi Romani, che mala tempora currunt. Comprendere, invece, l’entità e le cause di questo fenomeno può, forse, aiutarci a fare chiarezza su come muoviamo i nostri passi quotidiani e cosa ci spinge a essere ancora seguaci di Dick, Mac e Ronald McDonald.

McDonald’s è riuscita a creare dal nulla un nuovo modello di gusto, appiattito dalla somministrazione globale dei prodotti, un gusto che trova tra i suoi fascinosi avventori Bill Clinton e John Travolta. Era il 15 Maggio 1940 quando a San Bernardino, in California, viene fondato dai fratelli McDonald il primo dei ristoranti oggi facenti capo alla McDonald’s Corporation. Si tratta di un esperimento riuscitissimo, a giudicare dal fatto che qualche anno dopo la famiglia registra il marchio ed inizia il proprio percorso di affiliazione che li renderà popolari in tutto il mondo. Nel 2006, anche in seguito all’inasprirsi delle critiche diffuse attraverso i molteplici canali mediatici da parte di gruppi ambientalisti ed esperti della nutrizione, McDonald’s subisce un calo drastico in Europa, al quale si aggiungono i danni provocati dalla rottura con la Walt Disney per la realizzazione dell’Happy Meal. Duri sono anche gli effetti della docufiction statunitense Super Size Me, dopo la quale ci saremmo ormai aspettati un lento e inesorabile declino. Nulla di più falso! Ai 380 ristoranti della catena già presenti in Italia, che impiegano ben 19 000 persone che offrono cibo a oltre 600 000 clienti al giorno (180 milioni l'anno, tre volte il numero degli abitanti), se ne affiancheranno infatti a breve molti altri, soprattutto afferenti al genere McDrive, quello più vituperato fino a qualche mese fa e per il quale i sociologi sarebbero stati pronti a scommettere che «mai in Italia qualcuno avrebbe accettato di prelevare dal cibo da una mano di cui non conosce il volto».

Secondo il Financial Times, McDonald’s starebbe, così, per aprire in cinque Paesi aderenti all’Unione Europea 240 nuove sedi, ciascuna dotata di un personale formato da 50 membri impiegati part-time. Denis Hennequin, presidente di McDonald's Europa afferma che «non ci sono segnali di indebolimento» e, a sentire le sue parole sembrerebbe che la crisi mondiale, portando con sé un forte incremento dei prezzi dei generi alimentari, abbia reso più conveniente la scelta di mangiare fuori casa.

Già, ma per nutrirsi di cosa? Per incrociare i gusti dei consumatori italiani, McDonald’s starebbe ampliando la politica intrapresa già da diversi anni inserendo prodotti tipici della nostra tradizione, anche a marchio IGP. Dopo il connubio con il Parmigiano Reggiano, infatti, il nuovo protagonista sarà lo speck igp. «Un connubio positivo per la produzione di questi prodotti e la loro conoscenza da parte dei giovani» dice Paolo De Castro, vicepresidente della Commissione permanente Agricoltura e produzione agroalimentare della Camera dei Deputati. Il panino, oltre alla classica polpetta di carne bovina, avrà come “abbinamento classico” il formaggio cheddar, ossia la comune onnipresente sottiletta, ma sembra mettere tutti contenti: dal sindaco di Bolzano al direttore del Consorzio Speck dell’Alto Adige, Franz Mitterutzner. «La scelta di McDonald’s indica come il nostro prodotto stia ormai valicando i suoi confini territoriali per essere apprezzato anche in altre zone d’Italia. Non solo, la sinergia con un simile marchio ci permette di dare una linea giovane e innovativa a un alimento fortemente tradizionale».

Quale gaudio, insomma, verrebbe da dire! Ma quanta distanza dalla teoria formulata da Ancel Keys nel Cilento circa settanta anni fa. A detta di più voci, infatti, non cambia la qualità globale del cibo somministrato, in quanto l'offerta resta quella di una dieta monotona e continentale rispetto alla ricchezza della tradizione italiana e della Dieta mediterranea. Per i più, oggi, McDonald’s si rivela l’unica soluzione per un pranzo “fuori casa” a basso costo. Sono ben pochi coloro che si chiedono cosa contenga questo cibo o quelli che ricordano che lo stesso Ancel Keys, rifacendosi alla semplice e lungimirante triade mediterranea è campato 100 anni. Da un punto di vista sociale, però, sembrano ancora resistere delle isole.

Si tratta di città del Sud come Altamura, Modica o Benevento, dove gli esperimenti di franchising sono falliti dopo solo pochi mesi dall’apertura. A quanto pare, insomma, laddove la tradizione e l’attenzione al cibo sono più forti, neanche l’affamata globalizzazione riesce ad avere la meglio. Quali sono, invece, le zone in cui il tanto amato fast food la vince? Semplice! Pompei, ad esempio, o Napoli, o ancora Palermo e Catania. E le motivazioni sono essenzialmente due. In primis, la flotta turistica è stanca di essere trattata come un pollo da spennare, soprattutto da chi (seconda motivazione) non regge il rapporto tra il prezzo praticato e la qualità del cibo.

Dispendio di materie prime, packaging e soldi. Il tutto a un costo moderato. Come è possibile? Per offrire maggiore efficienza, i panini preparati vengono gettati in pattumiera dopo al massimo 7 minuti. Inutile dire che non è prevista nella “brigata” della catena la figura del cuoco, dato di per sé già preoccupante. Nel saggio Il mondo alla McDonald’s, il sociologo George Ritzer, docente presso l’Università del Maryland, afferma che il segreto del gusto delle patatine McDonald’s è l’unione di sale e zucchero, combinazione che dona un gusto neutro, in cui ognuno può ritrovare il proprio, in misura minima. Un sapore globalizzato, insomma, per tutti i palati. L’olio di frittura, poi, è composto dal 90 al 92% di grasso di manzo e, per le parti restanti, da olio di cotone. Se si prendono altri ingredienti apparentemente naturali, non illudiamoci: il discorso cambia di poco! L’insalata e il formaggio, ad esempio, appiattiti da calore e condimento, non restano che un’immagine, un prodotto ornamentale, suggestivo richiamo di quel cibo-con-sapore rimasto, per ovvi motivi, qualche metro fuori dalla porta d’ingresso del fast food. Questa iperrazionalizzazione diviene, pertanto, una vera e propria religione della forma e della misura, col fine unico e immacolato del profitto. Un solo numero al posto di altre parole: 77. Sono questi i miliardi di dollari fatturati dall’azienda nel 2007.

McDonald’s gioca, dunque, sporco (non solo in senso d’igiene) avvalendosi di un campo d’azione lasciato libero da sprovveduti e inadeguati ristoratori. A Napoli e Pompei, ad esempio, due aziende facenti capo al gruppo sono state ridotte al fallimento da McDonald’s Corporation che ha aperto a poca distanza dalle loro sedi punti di gestione diretta praticando, ovviamente, prezzi più bassi. E gioca sporco anche perché fa perno sulle necessità e sui bisogni primari e accessori delle famiglia e dei componenti il ceto medio-basso, la grande maggioranza del nostro Paese, offrendo un’uscita a basso prezzo (30 euro in media per 4 persone) e facendo sognare nuove prospettive di lavoro, in cui non c’è bisogno di conoscenze di cucina o di accoglienza (è tutto già pronto) per diventare hostess, manager o direttore. Sembrerebbe uno spot già sentito e pluripremiato, ma loro si ostinano a dire che «succede solo da McDonald’s».

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