"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


La dolcezza è ovunque, Filippo Timi

21.05.2010 17:34

Mi risveglio e ci sono sei piedi nel mio letto, due sono i miei, li riconosco, ma di chi sono gli altri quattro? Resto immobile, cercando di ricordarmi un nome, una faccia, un errore, ma niente. Decido di alzarmi e nell'ignoranza uscire. Non voglio sapere la faccia della mia occasionale caramella di una notte. 

Esco da una casa sconosciuta e mi trovo attaccato al Vaticano. E' domenica, pullman farciti di strane razze umane invadono i vicoli, cappellini dai colori squillanti e inneggianti bandierine corrono verso la piazza, come a un concerto rock, vogliono stare in prima fila, credono che più vicini sono, più la possibilità di una grazia sia concreta. Cerco di confondermi con loro, ma sono troppo bello per riuscirci. Probabilmente abbiamo gli stessi peccati nel cuore, ma ringraziando iddio, non ho il senso di colpa che mi accartoccia di vergogna la faccia. Abbandonatevi al piacere, mi verrebbe da dirgli, la vita può essere una dolcezza se solo provaste a rilassare le spalle. Avessi un piffero magico, potrei sedurli e a frotte, trascinarli con me verso i loro peggiori istinti... pensa che faccia il papa, aprendo la sua finestra, a trovarsi la piazza vuota? Entro in un bar e mi lascio fregare dal prezzo esagerato per un caffè. Vedere negli occhi la soddisfazione della cassiera, leggere nel suo sorrisetto banale la perfidia... e come stringe i soldi con la mano rattrappita da brava truffatrice della domenica mattina, mi piace. L'umano spogliato dei suoi doveri morali, libero di scatenare le proprie quotidiane domestiche ribellioni, essere meschino alla luce del giorno. Rende dolce la vita. E' bello essere ricchi, non badare a dove la virgoletta degli zeri si posa, 1 100 1000 non ha nessuna importanza, i soldi puzzano tutti, bisogna fare in fretta a spenderli. Esco dal bar, prendo un taxi.

Do' annamo capo?

Mi domanda un tassista senza un orecchio.

Al mare, rispondo.

Nun séte de Roma.

No, abito a Milano.

Poraccio, se la ride, 'na vorta è salito un milanese che se vantava tanto... A Milano semo tutti più emancipati... Roma è tutto un paesone... io a un certo punto, nun c'ho più visto... j'ho risposto, si ma quando voartri milanesi erevate ancora barbari, noartri romani eravamo già froci.

Potenza del dialetto. Settebagni, alle dune, per l'appunto la spiaggia dei froci, mi lasci qui. Scendo, e m'incammino, come se fosse l'ultimo giorno della mia vita. A sedici anni, prima di uscire di casa mi vestivo pensando, se muoio, voglio che mi trovino così. Sorpasso le dune, ma per i froci è troppo presto, non c'è anima viva, saranno tutti al Vaticano, a farsi perdonare l'amore. Eccolo, finalmente il mare. Eccola la dolcezza della vita, sta in questo silenzio... Chiudo gli occhi e mi abbandono e un urlo mi riporta alla realtà. Un uomo e una donna, giganti, grassissimi, camminano ballonzolando verso di me, sono carichi come somari, stringono nelle mani buste di plastica gonfie come ernie infiammate, due sdraio, asciugamano sotto braccio lei, asciugamano sul collo lui, un ombrellone, e un tavolino pieghevole. La donna ha una benda sull'occhio sinistro, e un prendisole a fiori viola e gialli, le braccia come prosciutti, strascina i piedi. L'uomo zoppica dalla gamba destra, i pantaloncini corti gli strizzano le cosce e una canottiera evidenzia la trippa rotonda come un cocomero. Sono grassi ma non sembrano simpatici, se avessero le orecchie lunghe e pelose sarebbero due grossi cani ciccioni, ma adesso che guardo bene, l'uomo ce li ha davvero i peli sulle orecchie, sul padiglione, come una cresta.

Ao ma te renni conto, tu madre nun c'ha fatto le lasagne.

Le lasagne mi madre nun ce l'ha fatte.

Nun ce l'ha fatte, ma la prossima domenica cor cazzo che l'annamo a trovà.

Nun l'annamo a trovà più la prossima domenica.

Eh no, domenica ce ne tornamo ar mare.

Ar mare ce ne tornamo la prossima domenica.

L'uomo si arena sfiancato sulla sabbia, s'asciuga la fronte alzando la canottiera. La moglie se ne accorge, fa due passi indietro e lo va a soccorrere. Non fa in tempo a raggiungerlo, che lui è già spaparanzato a terra.

Alzate, amo', annamo più vicino ar mare.

Nun je la fo, amo', assettate.

Si guardano, come se l'uno fosse la cosa più bella del mondo per l'altro.

C'hai fame amo'? C'ho fame amo'. E spalancando la bocca come due trichechi, barriscono in una grossa risata. A fatica anche la donna si siede accanto al marito, e nel farlo il prendisole lascia intravedere il suo culone a due piazze e mezzo, perde l'equilibrio, sembrano due bambini giganti che ancora non hanno imparato a camminare, e neppure a parlare, la donna crolla a terra, cerca di rialzarsi ma è inutile, un grosso bacarozzo zampe all'aria. Il marito la sovrasta e dolcemente, con una delicatezza infinita le dà un bacio sulla bocca.

 

Il vento mi porta dritto in faccia un puzzo nauseante. Lo inseguo, e mi ritrovo davanti a un cane con la testa sbrindellata [...] Ride! La dolcezza seduce anche la morte? Sì. Che puttana. Penso alla dolcezza della fine, alla promessa di rinascita che ogni fine stringe fra le braccia magre... penso alla fine del mio amore avvenuto troppo tardi, quando già la noia aveva trasformato il sesso in un dovere. Penso alla fine della mia fanciullezza, quando mi sfinivo per sentimenti inutili, per amori senza ritorno. Penso alla fine della mia povertà, quando ancora ero pulito e incazzato. Penso alla fine del mio stupore quando facendo l'amore per la prima volta capii di essere un uomo senza che nessuno mi avesse mai insegnato. La dolcezza è ovunque, nelle cose banali, e in quelle orribili, ma la mia preferita è quella che si nasconde nelle bugie, nel tradimento, e nell'abbandonarsi impotenti alle proprie miserie. Senza l'impotenza, la dolcezza non avrebbe faccia.

 

La dolcezza è l'atto più devastante che l'essere umano poteva usare. La dolcezza non ti salva dal dolore, ma te lo rende caro, come un figlio cattivo. E' amara a volte la dolcezza.

 

(testo inaugurale del Festival Massenzio Letterature, 2010)

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