"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Testimonianze

12.09.2008 00:00

La tradizione vuole che chi nasca la notte di Natale sia predisposto a trasformarsi, se uomo in lupo mannaro, se donna in una janara. L’arcinoto – ahinoi! - “Malleus Maleficarum” ne parla abbondantemente. Il “Malleus Maleficarum” contiene, secondo Michelet, un’implicita confessione: “Il diavolo guadagna terreno e Dio ne sta perdendo”.

Se una famiglia sospetta durante la notte di essere visitata da una janara, può scoprirla apostrofandola con la frase magica: "Janà vie' pe' sale" ("vieni per il sale"). Al mattino, irresistibilmente, la donna che di notte era la janara si presenterà per chiedere il sale. Un'altra possibilità per scoprire una janara è quella di mettere una scopa dietro la porta della Chiesa durante la Messa della notte di Natale. Al termine della funzione, la janara resterà, per la sua nota irrefrenabile curiosità - la curiosità è femmina - intrappolata a contare i fili della scopa. Lo stesso rimedio si utilizzava per difendersi dalle visite notturne delle stesse. Al mattino, infatti, le janare dovevano tornare alle proprie abitazioni prima del sorgere del sole e del suono della campana a causa della loro particolarissima natura. Quando di notte si trasformavano, invece, esse non erano semplici creature notturne in grado di volare, ma acquistavano "la consistenza del vento", diventando di natura volatile. Il modo in cui queste entità venivano percepite dall'immaginario popolare deriva, forse, dal fatto che le colline che circondano Benevento sono spazzate spesso da venti incessanti.

Ma perché proteggersi dalle janare? Perché esse possono provocare aborti o essere causa di infertilità, possono nuocere e deformare i bambini. Alle janare è anche attribuita quella sensazione di "oppressione" sul petto che si avverte mentre si giace supini, come se qualcuno con le proprie mani esercitasse una pressione sul nostro sterno rendendoci impossibilitati dal chiedere aiuto. Le informatrici più attendibili spiegano tali sensazioni con la frase: "Sono le janare che ti premono". Le janare erano conosciute anche per i dispetti che facevano ai contadini, manomettendo i loro strumenti di lavoro, facendone marcire le provviste o rubando asini e cavalli, riportandoli, all'alba, sfiancati, sudati e con le criniere intrecciate. Le persone del popolo sono talmente impressionate dai racconti sulle janare che, quando in un gruppo, qualcuno pronuncia la parola "janara", immediatamente le donne – le sapienti - alzano le mani al cielo ed esclamano: "oggi è sabato", formula che sembra abbia la facoltà di inviare immediatamente le janare al luogo del Sabba.

La janara, prima di morire deve sopportare una lunga e dolorosa agonia fino a che non trovi una persona disposta ad accettare l'eredità della sua arte.

Sino agli inizi degli anni Sessanta, era in uso in alcune zone interne del sud avvolgere i neonati nel "fascione" allo scopo di farlo crescere "diritto". Si narra che, alla fine degli anni '40, un bambino dormisse nel letto matrimoniale con i genitori ed ancora portava il "fascione". Inspiegabilmente, il mattino seguente, il bambino fu trovato sotto il letto accusando forti dolori. La spiegazione fu che "le janare gli avevano succhiato il liquido dallo stomaco". Per farlo guarire, gli fu dato, poi, da bere del latte particolare.

In un poemetto napoletano ottocentesco dal titolo "Storia della famosa noce di Benevento", si racconta che un marito scoprì che la propria moglie era una janara. Glielo rivelò chiedendole di essere condotto al Sabba. Il sabato seguente, la moglie janara condusse il marito con sé sotto il grande noce. Lì mangiavano e bevevano tutte le circa 2.000 janare del mondo. L'ingenuo marito, notando che il cibo era sciapito, chiese del sale, ma appena ebbe condito col sale la pietanza che stava mangiando e l'ebbe assaggiata, il banchetto notturno che si trovava dinnanzi a lui scomparve improvvisamente. Egli restò isolato nella campagna, in un luogo a lui sconosciuto. Il mattino seguente incontrò un contadino e gli chiese dove si trovassero ed il contadino gli rispose: "alle porte di Benevento".

L’elemento del sale è molto importante, in quanto l’etimologia rimanda inevitabilmente al concetto di salute/salvezza. Si noti, poi, l’analogia del pasto “evanescente” con il convitato di pietra del Don Giovanni e con il ritrovamento che appare nelle storie della grotta di Elginia a Pietrelcina, “alle porte di Benevento”.

Le sensazioni indotte da questo celebre mito si possono ben cogliere nella sinfonia "Una notte sul Monte Calvo" di Modest Mussorgsky (utilizzata anche nel film "Fantasia" di Walt Disney), composta dopo un soggiorno dell’autore a Montecalvo Irpino dove, si narra, che restò molto colpito dall'atmosfera che si respirava, suggestionato dai luoghi, dalla storia e dalle leggende.

In realtà, è molto importante tenere presente la costante impossibilità dell’uomo nella tradizione occidentale di comprendere ed entrare a far pienamente parte della visione magica naturale delle donne. Riprendo a tale proposito il film “Mary Poppins”, nel quale il Bert interpretato da Van Dyke, di fronte al rifiuto della magia da parte della tata, prova lui stesso a farsi sciamano. Pur convinto dei poteri della donna e quindi lo definiremmo un seguace della “matrilinearità”, non riesce a realizzare nulla. Lo stesso avviene per il piccolo Michael, mentre Jane, la sorellina, da subito apprende ed esegue i trucchi magici, come resettare la stanza.

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