"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Tre metri sotto il cielo

23.09.2009 12:06

 Uno - La tragedia

«Credo di essere di gran lunga il miglior Presidente del Consiglio dei 150 anni della storia italiana». (Silvio Berlusconi, 10 settembre 2009, conferenza stampa di chiusura del vertice italo-spagnolo a La Maddalena)

Storie di ordinaria follia in uno Stato dove da tempo non c'è più limite al ridicolo. Storie di banalità del male osannate dall'imperante videocrazia quale medium di omologazione sociale. Storie di un'Italia dove il limite tra i fatti e le frottole è sancito da quelli che una volta erano considerati gli operatori di informazione e comunicazione di massa e che oggi sono poco più che fogli di partito.

 

Basti pensare alla guerra di cifre scoppiata negli ultimi giorni in seguito al "No Gelmini Day". Cifre verificabili grazie ai numerosi siti web, unica finestra di libera ricerca di dati non interpretati. Cifre confutate senza spiegazioni né troppi fronzoli dalle Istituzioni centrali. Come si faccia, poi, a confutare un numero è cosa da definire, visto che da sempre ci è stato detto e ripetuto che "la matematica non è un’opinione".

Fatto sta che il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, diretto da Maria Stella Gelmini, dichiara che il progetto di riforma che prevede tagli al personale della scuola non coinvolga più di 10.000 unità. Diverso, invece, il parere e il numero di iscritti alla lista del nuovo miglio verde stilata da Gilda, Cobas, CGIL, CISL e UIL. Sarebbero, infatti, 23.000 gli insegnanti rimasti senza lavoro in tutta la nazione, 8.200 in Campania, 500 a Benevento. Pronta, così, la denuncia del Codacons, il quale, stanco delle baggianate televisive, decide prontamente di querelare il MIUR per i falsi dati diffusi agli organi di stampa.

 

E l'Italia, nel 2009, salì sul tetto. Un tetto per protestare. Un tetto per dichiarare di essere "sotto il cielo", al di fuori della grazia dei governanti di turno. E se una volta il Santo a cui gli insegnanti si rivolgevano era San Roberto, oggi non resta che attingere dal dizionario degli uomini con l'aureola dimenticati e rivolgersi a San Precario. Siamo alla presenza di quel tetto che, negli ultimi 20 anni, ci eravamo abituati a vedere frequentato da disoccupati di lunga durata, alla ricerca spesso - più che di un "lavoro" - di un "posto", magari "fisso", "da impiegato della Pubblica Amministrazione". Oggi no. Oggi sono i laureati, i dottori di ricerca, i mentori dell'istruzione della nostra Nazione a salire lì. Indro Montanelli sosteneva che l'attenzione e il rispetto che un paese fornisce ai responsabili dell'educazione dei propri figli è l'indice dell'attenzione che esso ha verso il proprio futuro. Siamo, dunque, su un tetto che scotta. E scotta a tal punto che molti evitano di salirci per ustionarsi e molti altri salgono con la premura di farsi scortare da giornalisti e fotografi.

 

Due - La speranza

Ma le stelle non stanno a guardare. E in questo caso non parliamo della Gelmini, la quale si limita a dichiarare di non volere la guerra con i precari, scaricando, come nella migliore delle tradizioni del Bel Paese, la colpa sui precedenti governi. Verrebbe da chiedersi quali, visto che negli ultimi 15 anni la scena politica nazionale è stata dominata esclusivamente dal Cavalier B, con poche sporadiche apparizioni di una nomenclatura di centro-sinistra, talmente implosa dentro di sé da non riuscire ad operare azioni salvifiche per il Paese.

Parliamo, invece, delle stelle del firmamento dell'istruzione, le quali hanno deciso di scendere dal tetto. Quello dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Benevento nella fattispecie. E non per fermare la protesta o in maniera rumorosa occupare altri luoghi a discapito di lavoratori loro pari: è questa la forza della novità. È nato, infatti, in seguito a un incontro con il Sindaco, Fausto Pepe, e l’Assessore ai Lavori Pubblici, Aldo Damiano, un progetto di risposta sociale ben più articolato di un semplice seppure importante sit-in... anzi sit-up! In precedenza si era, infatti, deciso di occupare simbolicamente un edificio del Rione Libertà, quartiere popolare del capoluogo, che dovrebbe essere destinato ad ospitare l'asilo. «Si tratta di un edificio ristrutturato e mai restituito alla comunità, uno spazio chiuso che abbiamo deciso di aprire al territorio, ai giovani e ai bambini del quartiere e della città» dichiarava il 12 settembre al quotidiano Libero Daniela Basile, insegnante e referente del CIPS, Comitato Insegnanti Precari Sannita. In seguito alla tavola di concertazione, invece, il Comune ha offerto loro la sede del centro sociale polifunzionale "è più bello insieme", presente sempre nello stesso quartiere. Quali saranno le attività svolte? È la Basile stessa a spiegarlo: «Offrire uno spazio per l'autoformazione, un luogo di socialità aperto alla città e soprattutto ai giovani. Dall'inizio dell'anno scolastico nascerà la Scuola Popolare Alternativa, unica risposta possibile allo scempio Gelmini, dove gli insegnanti precari metteranno a disposizione della città la loro esperienza per tenere corsi di doposcuola gratuito e lezioni di approfondimento per ogni materia di insegnamento».

La speranza, dunque, a Benevento non muore. Una scelta forte era, in realtà, stata proclamata sin dallo scorso 30 giugno con la manifestazione “Domani scompaio” svoltasi al musa, il Polo Museale della Tecnica e del Lavoro in Agricoltura. In quell’occasione fu attivata una raccolta fondi a sostegno dei cosiddetti “precari della scuola” che l’indomani sarebbero stati dichiarati a tutti gli effetti disoccupati. Un maxi concerto sullo stile del 1° Maggio romano, un’esperienza di solidarietà che ha visto e vede tuttora come testimonial i grandi volti della libera comunicazione, sia nel giornalismo che nell’arte: da Zulu a Jovine, da Alfonso Coviello dei Sancto Ianne all’ex no-global e onorevole Francesco Caruso, al Liceo Artistico “Leon Battista Alberti” con i suoi studenti e docenti. Sono in tanti, insomma, a mobilitarsi e a non smettere di sperare che “un altro mondo è possibile”. Un mondo dove la scuola non sia una voce come tante da iscrivere al bilancio dello Stato. O, meglio, dell’azienda-Stato, come ama definirla il Premier.

Per ora possiamo solo incrociare le dita e rimboccarci le maniche. E sperare di non essere costretti a sentirci dire che chi di speranza ha vissuto disperato sia morto.

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