Un pomodorino a cinque punte

 I paesi vesuviani stanno già festeggiando. Siamo, infatti, a pochi giorni dalla certificazione ufficiale di Denominazione di Origine Protetta per il celebre Pomodorino del piennolo del Vesuvio, già da tempo inserito da Slow Food in quella geografia delle tipicità che sono i Presìdi. Sono 5 gli ecotipi identificati dal disciplinare nella specie Lycopersicon esculentum Mill: Fiaschella, Lampadina, Patanara, Principe Borghese e Re Umberto. Quasi didascalici i primi 3 per l’identificazione delle caratteristiche, più storici gli altri. Principe Borghese, dedicato a Junio Valerio Borghese, è di forma allungata come la Lampadina, mentre Re Umberto, coltivato principalmente a Boscotrecase, è un omaggio al sovrano che concedette l’autonomia alla città. Il Pomodorino del piennolo è, secondo quanto stabilito dal Disciplinare di Produzione, “una pianta ad accrescimento indeterminato con frutto di forma ovale ad apice appuntito e frequente costolatura della parte peduncolare”. Il Disciplinare stabilisce, poi, che elemento distintivo è la buccia spessa e che è escluso l’impiego di ibridi. Fondamentale il passaggio relativo al legame col territorio: “L’incidenza ambientale è tale che gli stessi ecotipi, se coltivati fuori area tipica, forniscono frutti con qualità sensibilmente diverse”. I frutti ammessi a tutela sono considerati freschi entro 4 giorni dalla raccolta e devono avere colore esterno vermiglio (rosso scuro, se conservato al piennolo), polpa rossa e sapore “vivace, intenso e dolce-acidulo”. I contadini vesuviani attribuiscono, tuttavia, al loro pomodorino una colorazione esterna “mai rossa”. Sono, invece, tutti concordi nella necessità della "tenace attaccatura al peduncolo". La zona di produzione e condizionamento della Dop “Pomodorino del Piennolo del Vesuvio” comprende l’intero territorio alle pendici del Vesuvio, da Boscoreale a Massa di Somma, fino a parte del territorio di Nola.