"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Annurca

08.10.2009 18:12

 La mala orcula, tra storia umana e analogie mitologiche. Giugliano in Campania e Sant’Agata de’ Goti si vantano di essere città della mela annurca. Andiamo alla scoperta delle qualità del frutto e della sua mitologia nei Campi Flegrei.

 

Dietro il nome, la storia

Videnter mihi a Plinio descripta mela. Quando si parla di mela annurca, ci si scontra subito con Plinio il Vecchio. Le orcole, come vengono definite, sarebbero state, infatti, descritte nella Naturalis Historia. Certo è che, se il frutto fosse stato presente a quei tempi nella zona flegrea, non sarebbe sfuggito al curiosissimo Plinio, comandante della flotta di Miseno. E della sua esistenza siamo certi, grazie agli affreschi della Casa dei Cervi a Ercolano. Andando a fondo nella ricerca giungiamo, dunque, a ipotizzare che la denominazione originaria dei pomi nella Campania Felix fosse quella di epirotiche, in quanto provenienti dall’Epiro. Una volta diventati indigeni, però, essi assunsero il nome di orbiculate per la forma rotonda, simile al globo terrestre. Come si giunga, però, al termine annurca è in realtà il centro di un discorso molto affascinante. La perdita del senso della radice orbis avrebbe, infatti, portato a ritenere la particella “bi” come un’omissibile iterazione. Si iniziarono, così, a chiamare le mele orculate. Giovambattista della Porta, storico e alchimista del Rinascimento napoletano, autore del Suae Villae Pomarium (dal quale traiamo l’incipit di questo articolo), interpretò tale denominazione con la perifrasi “la mela dell’orco”. Essa era coltivata, infatti, nei pressi del Lago d’Averno e, prima ancora, in Grecia, sulle rive dell’Acheronte, specchi d’acqua che la mitologia riconosce come sedi della porta degli Inferi. Orco è, appunto, il nome etrusco del dio dei morti. Fu per questo che, nel Barocco, l’orcola divenne la mela che nasce intorno a Orco: l’anorcola. Il termine si semplificò, poi, intorno alla metà dell’800, in annurca.

Questo, almeno, secondo l’interpretazione fornita dal Silvestri, di fronte al quale non si arresta, però, D’Ascoli che riconduce, invece, l’etimo alle modalità di produzione. Annurcare ha, infatti, nel napoletano classico, il senso di arrossare, maturare e, così, addolcire.

 

Analogie tra mito e società

La mela annurca è allevata come una figlia. Il suo picciolo corto non permetterebbe la cascola naturale dei frutti. Così gli uomini colgono le mele una ad una e le adagiano su letti di paglia che vengono chiamati porche (dall’arcaico forre, buche o da porrigere, porgere). È qui che, carezzate dal sole e girate a intervalli regolari dalle donne, esse raggiungono la piena maturazione per essere immesse sul mercato. L’annurca non è, infatti, una mela di consumo privato dei contadini, vista la grossa fatica che richiede. In tempi remoti, tuttavia, essa veniva data ai porci. Forse perché le ammaccature della cascola le rendevano poco appetibili o forse per il richiamo al regno dei morti. Vale la pena sottolineare che il periodo di coltivazione delle annurche andava da Ottobre a Febbraio, mesi in cui, secondo il mito, Proserpina scendeva agli Inferi e Demetra rendeva sterile la Madre Terra.

In quei mesi, le annurche, messe a “dormire” nelle porche, per evitare gelate venivano coperte la sera dal fumo dei cannavielli (strisce di canapa intrecciate). Anche questa usanza ricorda un mito, quello di Diana, la quale avvolse l’amato Virbio in una nube di fumo per proteggerlo da Zeus: l’aitante giovane ne uscì invecchiato e irriconoscibile. Maturo. Come le annurche.

 


La mela annurca è solo campana

Le aree tradizionalmente vocate alla coltivazione di questa varietà di melo sono le Valli Caudina-Telesina e il Taburno, in provincia di Benevento, la Maddalonese, l’Aversana e la Teanese, nel Casertano e la Giuglianese-Flegrea nell’agro napoletano.

L’annurca viene utilizzata da sempre come rimedio naturale per gli ammalati, al punto che la sua presenza era quasi indispensabile presso le mense ospedaliere. La scienza ha, poi, dimostrato come tale pomo sia ricco di vitamine e antiossidanti che combattono i danni provocati dai radicali liberi. Essa contiene, inoltre, molti minerali, necessari per lo sviluppo sano e corretto dei più piccoli. La ricchezza di fibre la rende, poi, adatta a prevenire le malattie cardiovascolari, ha effetti antireumatici e diuretici con un’azione antimicrobica intestinale. Aiuta a prevenire malattie croniche, come diabete e ipercolesterolemia. Oggi, infine, l’OMS sta testando l’annurca per la prevenzione di alcuni tipi di cancro con risultati sensazionali.

Da sempre avversaria della mela Sergente per le sue dimensioni più ridotte, attualmente la produzione dell’Annurca è molto diminuita, a favore delle sue varianti, la Rossa del Sud e la Bella del Sud, riconosciute anch’esse con marchio di qualità Annurca IGP.

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