"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Camel Madeleine

14.08.2009 15:54

Ho aperto il pacchetto di Camel Blue. Non le fumavo da tempo, da quando sono "lievitate" a 4 euro: uccidersi lentamente può pure andare bene, ma pagare pure tanto mi sembra veramente eccessivo. Il sole è appena tramontato sul musa e si sentono solo grilli, cicale e qualche auto che lentamente cerca la propria casa o il proprio attimo di felicità. Poche luci vicino e bagliori in lontananza. Il mio pensiero è volato alle chiacchierate alla luce della cicca che si facevano con Lia... quanti dubbi, quante incertezze. Un po' come sempre, nella vita di tutti i giorni. Ma anche la voglia di raggiungere traguardi nuovi, affrontare nuove sfide. Una voglia che ciascuno ha, poi, affrontato a modo suo. Semplicemente vivendo. Ora di fronte a un bivio ci sono io. Forse più di uno.

E questa sera i pensieri corrono. A due estati fa, a Lazise, a Fumane, sul Garda dove con Iaia e Betta cercavo di ritrovare me stesso. A due estati fa, quando desideravo nuovi stimoli. Allora non ero solo, anche se tale mi reputavo: avevo loro accanto a me. Oggi nuovi stimoli li cerco ancora, li cerco al di là della lettera recapitataci dalla Provincia, li cerco al di là della delusione che mi circonda, li cerco al di là della confusione che regna su di me. Come andrà a finire? Non so se voglio saperlo. Ora aspetto di andare in ferie. (13.08.09, ore 20.45) Poi, dopo la Camel effetto "Madeleine-di-Proust", una passeggiata all'aria fresca di Arpaise mi ha dato ancora un attimo di riflessione. Il confine tra solitudine e libertà è veramente labile. Forse sono gli occhi della gente a fare la differenza. Forse il desiderio di qualcuno con cui condividere qualcosa di bello o la volontà di stare da solo e godersi l'affollamento dei neuroni. Purtroppo non ho molta scelta. Arrivo in piazza Donisi dopo 20 minuti di curve di collina tra Ceppaloni e San Leucio. I neuroni, intanto, hanno preso aria. Fa fresco. Mentre attendo Caiazzo faccio un giro per il piccolo borgo a due passi dal regno di "zio Clemente" e sono rapito dalla musica degli "Incanto Napoletano", un ensemble composto tastiera da pianobar mescolata a una stupenda voce maschile e a un bel vedere femminile dalle sonorità non sempre entusiasmanti, contornati da chitarra classica, un piccolo mix di percussioni e, talvolta, tammorra, castagnelle e mandolino. Un mix talmente kitsch del panorama musicale partenopeo al punto da risultarmi accattivante. Mi sembra di tornare indietro nel tempo e questa volta non per i luoghi, seppure suggestivi. Torno al momento in cui il mio motto di riferimento era "Incendiami la vita" di Peppe Lanzetta. Perché la vita ha senso se incendiata. Il fuoco prima o poi si spegne - è vero - ma almeno riscalda, illumina e crea comunità. Attendo risposte, non possono arrivare, mi pongo domande, circolano sms, poi arriva Paolo Caiazzo e sono lì, in prima linea, attaccato al palco. Ho come l'impressione di essere da soli, io e lui, sebbene circondato da centinaia di persone. E sorrido, rido, applaudo, dimenticando per un'ora tutto e tutti. Come troppe volte non riesco a fare. Mi ha incendiato la vita. I pensieri sono lì, non sono andati via, si ripresentano identici alle 24, quando lo spettacolo finisce, come nella migliore delle tradizioni fiabesche. No, non ho incontrato Cenerentola neanche per un quarto d'ora, non ho scarpette di cristallo da restituire sulle quali pormi dubbi esistenziali come vorrebbe Caiazzo. Non sono un principe azzurro, non ho nessun regno da presentare alla mia donna oggi e a mio figlio domani. Non no né una donna né un figlio. Sono più vicino al Ken, il "marito di Barbie" raccontato dal comico partenopeo: "nu chiochiero ca nun tene niente 'nfaccia". Ho me, unico appiglio sul quale provare a contare, al di là delle troppe incertezze. E, talvolta, pure mi perdo. P.S.: A proposito, lo spettacolo si chiama "C'è confusione". Preciso.

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