"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


I fiumi gialli della valle dell’Ufita - Alla scoperta del primo olio DOP della provincia irpina

09.04.2009 17:50

Produrre olio vuol dire relazionarsi con l’arte, la poesia e la storia, perché tanti sono stati a tesserne le lodi tra coloro che ci hanno preceduto. Tucidide, addirittura, afferma: «I  popoli del Mediterraneo cominciarono a uscire dalle barbarie quando impararono a coltivare l'olivo e la vite». Se prendiamo per buona questa sua affermazione, non possiamo che definire la Valle dell’Ufita come la terra della sapienza.

I percorsi più importanti dell’olivicoltura campana seguono oggi sostanzialmente due vie: il Principato Citra e il Principato Ultra, Salerno e Avellino. Dopo i vini, ormai noti in tutto il mondo, l'Irpinia sta, infatti, riscuotendo ora numerosi successi con i suoi oli di pregio. Gli oli irpini sono la combinazione di un ambiente pulito, grande ricchezza di varietà, capacità imprenditoriale delle genti irpine e millenaria tradizione. Sì, perché la presenza dell'olivo è qui ampiamente documentata sin da epoca romana, sebbene la massima diffusione si ebbe a partire con gli Angioini. Condizioni climatiche e composizione del terreno rendono questo un luogo estremamente interessante per sviluppare appieno la passione per la produzione di olio di qualità: substrati di origine calcarea, marnosa o argillosa per i rilievi e alluvionali per i terreni pianeggianti, una terra dove il lavoro agricolo è da sempre simbolo di valori etici e di convivialità. Questa è l’Irpinia, locus che deriva il suo nome da Hirpus (lupo in osco), animale totemico di una antica tribù di queste terre.

Il primo olio irpino per il quale è stata avanzata la richiesta di Denominazione di Origine Protetta e che è attualmente coperto da Protezione Transitoria Nazionale è quello Irpinia - Colline dell'Ufita. L’area di produzione comprende 38 comuni della provincia di Avellino (Ariano Irpino, Bonito, Carife, Casalbore, Castel Baronia, Castelfranci, Flumeri, Fontanarosa, Gesualdo, Greci, Grottaminarda, Lapio, lagosano, Melito Irpino, Mirabella Eclano, Montaguto, Montecalvo Irpino, Montefusco, Montemiletto, Paternopoli, Pietradefusi, San Nicola Baronia, San Sossio Baronia, Sant'Angelo all'Esca, Savignano Irpino, Scampitella, Sturno, Taurasi, Torella dei Lombardi, Torre le Nocelle, Trevico, Vallata, Vallesaccarda, Venticano, Villamaina, Villanova del Battista, Zungoli). Il suo Disciplinare prevede, invece, che l'olio sia prodotto per non meno del 60% dalla cultivar di Ravece, la varietà autoctona per eccellenza. La restante parte può, tuttavia, essere formata anche da Ogliarola, Marinese, Olivella di Carife e Ruveia, tutte allevate da tempo in queste zone. Punti distintivi del prodotto trasformato sono il colore giallo paglierino (se giovane) o verde (se maturo), odore di fruttato e sapore di oliva amaro piccante con punte di pomodoro.

Date queste premesse, dunque, verrebbe da chiedersi se il benaugurante lupo non sia ancora responsabile di questi incantesimi.

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