"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Il colore del Vesuvio - Viaggio alle falde del vulcano partenopeo alla scoperta dei 40 sapori delle albicocche vesuviane

09.04.2009 17:52

Prunus armeniaca. Sarà pure questo il suo vero nome secondo la classificazione scientifica ma chiamarla crisommola fa tutto un altro effetto. Comunque la vogliamo chiamare, però, l’albicocca è un frutto estremamente interessante. Basti pensare che, all’interno della sola “albicocca Vesuviana” si distinguono oltre quaranta biotipi. I meglio informati ricorderanno la Palummella, la Pellecchiella, la Boccuccia liscia e la Boccuccia rugosa.

Una delle prime testimonianze storiche e accertate della presenza di cultivar di albicocca in Campania è dovuta al grande alchimista rinascimentale Giovan Battista Della Porta il quale, nella sua opera somma, Suae Villae Pomarium, edita nel 1583, distingue le bericocche dalle crisomele. Indovinate un po’ quali fossero le più pregiate. È da esse che deriverebbe, quindi, il napoletano crisommole, oggi assurto per estensione a indicazione di tutte le albicocche. Nel XIX secolo, poi, l’impresa saggistica collettiva Breve ragguaglio dell'Agricoltura e Pastorizia del Regno di Napoli, riconosce l'albicocco come l'albero più diffuso dopo il fico nell'area napoletana e, nello specifico, nella zona vesuviana.

Il Vesuvio. È lì che l’albicocca crescerebbe meglio. Un vulcano alle falde del quale non è consigliabile vivere, come ci ricordano in molti, eppure con un terreno che è tra le più grandi ricchezze della Campania Felix. Il territorio interessato all’80% della produzione è, infatti, compreso nei Comuni della cosiddetta “zona rossa”: da Portici a Trecase, da Sant’Anastasia a San Giuseppe Vesuviano. Il volume afferma, infatti, che le albicocche vengono qui «meglio che altrove e più maniere se ne contano, differenti nelle frutta (polpa, ndr)».

Nonostante la più volte sottolineata variabilità degli elementi, almeno su un punto, però, le albicocche vesuviane vanno d’accordo: la maturazione. La maggior parte degli ecotipi presenti in quest’area matura, infatti, intorno a metà Giugno, in maniera abbastanza precoce rispetto alle altre varietà e presenta un colore rosso sfumato sulla base giallo-aranciata della buccia.

Ci sono, dunque, tutti gli elementi per il riconoscimento dell’IGP. E mentre si attende il riconoscimento dell’Identificazione Geografica Protetta da parte dell’Unione Europea, le crisommole si consolano arrivando sulle nostre tavole con la Protezione transitoria nazionale.

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