"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Il noce

10.09.2008 00:00

La leggenda del noce di Benevento risale al VII sec. d.C. Un sacerdote di nome Barbato – oggi Santo - accusò esplicitamente i dominatori longobardi di idolatria, ma probabilmente solo per problemi di tipo “politico”. San Barbato fece anche tagliare l’albero ma si narra che esso sia rispuntato più volte nello stesso luogo. Circa i Longobardi, si racconta che essi adorassero la Vipera, appendendo un serpente morto ad un albero di noce: in questo caso, essi passavano sotto il serpente morto e gli toccavano la testa come segno di deferenza. È da tenere presente che questo rituale ancestrale è talmente radicato nella società che il dio d’Israele lo esplicita direttamente. Mosè, infatti, ebbe la richiesta da JHWH di forgiare un serpente in rame ad un bastone come rimedio ai morsi di serpenti velenosi (Numeri 21). Il serpente è simbolo antichissimo dell’immanenza del sacro nella natura perché è in continuo movimento, ma anche mutamento, al punto da cambiare addirittura periodicamente la sua pelle.

Ma torniamo al noce: perché proprio quest’albero? In greco il noce è detto Karion, e nell'antica società indoeuropea sembra che fosse stato consacrato ad una misteriosa divinità della morte chiamata Kar o Ker, divenuta presso i Greci Kore, la fanciulla rapita da Ade e diventata dea degli inferi col nome di Persefone. Così la Caria, in Asia Minore, è la terra dei noccioli e delle noci e Carias in Arcadia era il villaggio dei noci dove le fanciulle facevano una danza in onore di Artemide/Diana, qui addirittura detta Cariatide.

I frutti del noce possono ricordare un cervello nella scatola cranica, e potevano pertanto essere utili strumenti per la magia cosiddetta “simpatica”. Il noce gode, tuttavia, di una duplice attenzione. Dice Piperno: “nux (di radice simile a “nox” – notte), ut arbor, et bonis et malis proprietatibus fuit a natura dotata”, come afferma anche il produttore del celebre nocino “e curti”. Funzionalismo e strutturalismo qui coincidono a tal punto che gli abitanti di Nocera (nel salernitano, il principato citra, legato ad Avellino, il principato ultra) erano considerati cattivi per antonomasia. Se, da un lato, in pratica, il noce è il segno dell’abbondanza nelle fiabe e l’antidoto per la scrofula, la malattia dell’infiammazione delle linfoghiandole, come afferma Marc Bloch ne “I re taumaturghi”, dall’altro è accusato di provocare mal di testa con le sue “emanazioni velenose”, al punto che esso veniva isolato dalle zone abitate e dagli altri alberi con la convinzione, attualmente comprovata da analisi biochimiche, che, qualora le sue radici fossero penetrate in una stalla, avrebbero sicuramente fatto deperire le bestie. Numerose sono le applicazioni, come a dire: ce n'è abbastanza perché il noce sia caro alle manipolatrici di erbe!

Secondo le testimonianze delle presunte streghe, il noce doveva essere un albero alto, sempreverde e dalle qualità “nocive” – non è solo un gioco di parole. Secondo Piperno, invece, i frutti prodotti dal Noce delle streghe erano venduti a caro prezzo come amuleti. Essi erano di forma piramidale a base quadrangolare ed erano utilizzati per combattere terrori notturni infantili e crisi epilettiche; inoltre, a metà tra credenza e scienza, i nuclei inseriti nella cavità uterina facevano concepire figli maschi. 

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