"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


La cultura, tra tradizione e rispetto: Infant Brides

28.03.2011 13:52

“Cos’è la cultura di un popolo?” si chiede Bogaletch Gebre, attivista etiope per i diritti delle donne. Domenica 27 marzo a Benevento ci siamo lasciati interrogare (io come ascoltatore, chiamato a introdurre i testimoni e gli studiosi) dalle sue parole grazie al seminario nato dalla mente della cooperativa ideas – Istituto Demo Etno Agriculturale del Sannio per presentare il documentario del performer Antonio Pizzicato dal titolo Infant Brides (Spose Bambine), realizzato a partire dalle immagini da cui il fotografo freelance Achille Piotrowicz ha creato il reportage Early Marriage. Ampia e variegata la platea che ha affollato il Centro di Promozione del Territorio, dalla gente comune ai responsabili delle associazioni, ai docenti, agli attivisti. Molte donne, tanti giovani, comune la voglia di conoscere e confrontarsi.

La relazione introduttiva dell’antropologo Mario De Tommasi, direttore di ideas, ha mosso le sue fila dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 per tracciare un ragionamento sull’incontro possibile tra la tradizione e i diritti umani. Con l’attivista e ricercatrice Titti Coretti si è poi ragionato su alcuni casi esemplari della tradizione nepalese, dove si passa dalla venerazione della dea bambina al rifiuto della stessa e l’assimilazione alle altre donne (ritenute ovviamente impure) al sopraggiungere del primo ciclo mestruale. Antonella Brita, assegnista di ricerca per gli studi sull’Etiopia presso l’Università “L’Orientale” di Napoli ha invece delineato un percorso intenso dalla mitologia religiosa cristiana all’attualità geografica per la quale il fenomeno delle spose bambine rappresenta per la famiglia un’ottima riuscita sociale. Emblematico e ricco di spunti il caso di Indro Montanelli che, nel corso della campagna d’Africa, sposò una giovane vergine con sole 500 lire. «Per molti uomini – sostiene la Brita – possedere una vergine è ben più gratificante che pagare una prostituta». Ecco dunque profilarsi lo spettro del madamato, operazione ancora oggi diffusissima che sfrutta le credenze tradizionali per assecondare gli istinti pedofili di molti occidentali.

Ogni anno le spose bambine sono nel mondo 14 milioni, di cui almeno il 90% nei Paesi in via di sviluppo. Le adolescenti già sposate sarebbero invece in totale 51 milioni, sfiorando addirittura il 50% dell’intera popolazione giovanile etiope di sesso femminile. Il 98,69% delle bambine viene sposato tra i primi mesi e i 9 anni di vita e il dato più sconcertante è che tale età media si sia abbassata notevolmente nell’arco di una generazione, a causa delle condizioni di vita sempre più disperate che portano le famiglie a vedere in questa soluzione l’unica via di speranza per non morire di stenti. Secondo la Coretti tali dati sono addirittura sottostimati, in quanto in molte nazioni le donne non sono neppure dichiarate all’anagrafe. E se «la cultura della tradizione non si sceglie – come afferma Antonella Brita – mentre quella del rispetto si compra a caro prezzo attraverso un processo di deculturazione interno alla comunità», non ha dubbi Federica De Nigris, responsabile del progetto Desc (Diritti Economici Sociali e Culturali) di Amnesty International Campania, secondo la quale «la cultura del rispetto non può essere posta sullo stesso piano di quella della tradizione». A sostegno dell’ideologia di Amnesty, che patrocina il video di Pizzicato, la De Nigris parla di come il matrimonio precoce sia una delle principali cause di analfabetizzazione e come in Italia, in nome dell’onore familiare legato al comportamento delle donne, si siano giustificati fino a tempi recenti i delitti d’onore. Secondo Amnesty International, le tante denunce di violenza delle spose bambine rappresenterebbero solo il 5% dei casi reali, in quanto la stragrande maggioranza di esse trova da parte della società e delle istituzioni il muro di gomma della vita nelle mura domestiche. Il parallelismo tra la modernissima Europa e l’arcaica realtà delle “infant brides” non è poi così fuori dal reale. La giornalista e poeta Dora Celeste Amato, in un dialogo privato, mi ricordava infatti di come in un convegno sulle pari opportunità tenutosi a Sparanise, paese in provincia di Caserta, lo scorso anno, le donne ritenessero indiscutibile la supremazia del maschio e l’uso della forza per fare valere la propria virilità.

In chiusura dell’incontro poi le parole hanno lasciato spazio alle immagini. Introdotto da Achille Piotrowicz che ha vissuto in Etiopia per circa due mesi, il lavoro di Antonio Pizzicato, performer della voce e acclamato uomo delle nuove frontiere del teatro, si dipana per poco più di sei minuti di immagini accompagnate da testimonianze scritte delle spose bambine. “Ricordo solo che quando avevo otto anni fui sposata e la mia famiglia ricevette in cambio due mucche e una capra”, si legge nelle didascalie della proiezione. «Sono pieno di dubbi – conclude Pizzicato – e la tentazione più grande è quella di ricorrere alla preghiera senza confini religiosi, levando le mani e lo sguardo al cielo».

La forza della fotografia comunica con ancora maggiore enfasi il nodo cruciale del seminario e da lì tutti usciamo con ancora più dubbi su quanto e quando sia giusto intervenire (lo ribadisce De Tommasi, salutando gli intervenuti) sulla cultura tradizionale per far valere quelli che, per noi uomini d’Occidente, sono i diritti violati dell’umanità.

 

(articolo scritto per ARGA Campania, grazie a Gianpaolo Necco per la sua vicinanza)

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