"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Luoghi comuni

27.01.2010 20:19

 Poco è mancato che gli occhi degli allievi del biennio specialistico in Fotografia, diretto all'Accademia di Belle Arti di Napoli dal maestro Fabio Donato, potessero posarsi su uno scoop. E' Lunedì sera. La location incriminata è la sede del Comune di Giugliano in Campania, resa per l'occasione una galleria d'arte atta a ospitare l'ultimo dei cinque appuntamenti della rassegna Arte in Comune, evento organizzato da Pino Faiello e Vincenzo Maisto per l'associazione culturale T-Art.

A dire il vero di "Comune" c'era poco, di "comune" invece molto.
 
Nonostante non si possa fare a meno di apprezzare lo sforzo dell'Istituzione locale nell'offrire uno spazio alle voci di creatività del territorio, la prima osservazione che ne deriva è che tale necessità nasca proprio dall'assenza di sovvezioni che hanno reso praticamente nulla la possibilità di sopravvivenza di luoghi "comuni" maggiormente deputati, in primis lo storico Palazzo Palumbo di piazza Matteotti, sede dell'Istituto Italiano per gli Studi Europei.
 
Ma il clou della serata si è raggiunto con un involontario fuori-programma: alle 19,30 (ora di punta del traffico cittadino) un uomo inchioda la sua auto immediatamente davanti l'ingresso del palazzo comunale, a due passi dalla sede del Comando di Polizia Municipale. Si rivolge infuriato a due ragazzini a bordo di una Vespa 50 e, affermando di essere un carabiniere (inutile dire che non era in divisa né ha mostrato alcun documento di riconoscimento) intima loro, in maniera alquanto farsesca, di porre maggiore attenzione alla guida del mezzo e soprattutto di indossare il casco. Nobili le intenzioni, efferate le modalità, inebetiti gli astanti.
 
Non è accorso un solo vigile urbano. Di cosa meravigliarsi se i primi grandi assenti erano proprio Sindaco, Assessori e Consiglieri, padroni di casa reali e ideali del palazzo di città? Le Istituzioni sono la rappresentanza democratica del popolo. Questo è quanto ci meritiamo?
Ai cronisti e ai dissertori l'ardua sentenza.

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