"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Mine Vaganti (di Ferzan Ozpetek, Ita 2010)

03.04.2010 10:49

Dovremmo esserci abituati ormai, eppure in un panorama di celluloide sempre più alla ricerca di effetti speciali in 3D continua a stupirci il raffinato tentativo di raccontare nei cinque sensi il nuovo scorcio di un secolo troppo lungo portato avanti da circa un decennio da Ferzan Ozpetek.
"Siamo nel 2010" dice Marco (Carmine Recano) a Tommaso (Riccardo Scamarcio), ma si sente rispondere un inatteso: "Appunto, non siamo più nel 2000". In queste semplici battute, il regista di origini turche sintetizza un modus operandi tipico dei nostri giorni, non una regressione ma una laconica operazione di malinconia che continua a farsi strada nella vita di ognuno, soprattutto di quella della gente del Sud.

A Lecce, il Pastificio Cantone ha una sua storia, fatta di uomini e donne che hanno speso una vita per rendere appetibile un prodotto destinato al consumo quotidiano. La nonna (Ilaria Occhini) è un saggio e moderno grillo parlante che fa il verso alla Serra Yilmaz de La finestra di fronte. Una donna che ne ha viste e vissute tante sin da quando, nella sua giovane età (interpretata da Carolina Crescentini), è stata sposata a un uomo che non amava, mentre in cuor suo ha continuato la passione per tutta la vita per il fratello dello stesso. Un Salento che incanta, quello narrato da Ozpetek, dove la modernità di un'industria ormai fintamente artigianale ("Hai visto i nuovi macchinari comprati da Antonio?", chiede triste la nonna) sembra non avere niente a che fare con le mura eterne alle quali la donna scrive il proprio testamento.
E la passione la fa ancora una volta, come in Saturno contro, da padrona.

Come sempre, nei film di Ozpetek le grandi rivelazioni avvengono intorno a un tavolo, quello della festa. Così, anche in questo caso, mentre viene servita la pasta, quella che "devi toccare per sentirla tua" come dice la nonna, Antonio (Alessandro Preziosi) decide di rivelare ai suoi e, quindi, al mondo la propria omosessualità. E' una cena di affari perché i Cantone sono costretti a fondersi con un altro pastificio di tradizione artigianale salentina per essere ancora competitivi. E la notizia sconvolgente di Antonio fa ancora rumore: un terremoto, mimato dall'infarto del padre Vincenzo (Ennio Fantastichini), per il quale il figlio "era tutto" e, per questo, "avrebbero dovuto piacergli le femmine". Poco importa se Antonio ami davvero il suo lavoro e la sua terra. "E' un ricchione", sentenzia Vincenzo e quindi va fuori da tutto.
Ma la terra, quella, non può portargliela via nessuno, perché "è lei che continua a vivere per noi quando non ci siamo più" anche oggi dove "devi lavorare sulla qualità ma una volta raggiunta devi offrirla in una bella confezione". E' la nonna a dirlo a Tommaso, catapultato all'improvviso in un mondo che non vuole, in sostituzione del fratello.

L'analogia tra cibo e sessualità ritorna in Mine Vaganti ancora più prepotente del solito. E' un pensiero stupendo siglato dalle note di Patty Pravo quando Tommaso si trova di fronte ad Alba (Nicole Grimaudo) consumando una cena veloce a base di tramezzini ma è un "sogno" (inedito, sempre di Patty Pravo) quando nel pastificio lo stesso Tommaso tocca e assaggia per la prima volta la pasta appena estrusa dai macchinari. Ne avrebbe da raccontare in proposito Marino Niola che nella sua raccolta "Totem e ragù" descrive il "maccarone" come l'emblema della difficile identità sessuale dei Sud del mondo.

Il cast è di quelli da Oscar, ma sappiamo che esso, per i film italiani, è rappresentato al massimo dal sigillo di Rai Cinema, pure ottenuto. Da Lunetta Savino a Elena Sofia Ricci, passando per Daniele Pecci, Bianca Nappi, Gianluca De Marchi, Gea Martire, Giorgio Marchesi e molti altri il film ha grandi riferimenti campani, talvolta stereotipati, come il caciarone Salvatore (l'attore di teatro Massimiliano Gallo) ma soprattutto come la sceneggiatura scritta da Ozpetek insieme al giovane talento di casa nostra, Ivan Cotroneo, quello di Tutti pazzi per amore. La colonna sonora è eccellente e mescola Patty Pravo a Nina Zilli e Giuliano Palma, con i Radiodervish e i Pink Martini che cantano una versione straordinaria di Una notte a Napoli.

Quello di Tommaso per Marco, quello di Antonio per Michele, quello di Alba per Tommaso, quello della nonna per Domenico, quello dei Cantone per la terra e la pasta. Sono tutti amori incomprensibilmente impossibili, visto che siamo nel 2010. O proprio per questo. Ma "gli amori impossibili non finiscono mai, sono quelli che durano per sempre".

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