"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


‘o muzzariello - La salsiccia di Pasqua dei Campi Flegrei rischia l’estinzione

09.04.2009 17:52

No, non è un errore di stampa. Si chiama proprio così. E se siete residenti nella zona flegrea non avete giustificazioni. Secondo i più affezionati seguaci delle tradizioni alimentari nell’area che va da Giugliano a Bacoli senza il mozzariello, infatti, non c’è Pasqua.

Oggi, però, il mozzariello rischia l’estinzione. Perché? Semplice! I tempi cambiano, i sapori si omologano e le norme europee per la produzione alimentare divengono sempre più restrittive in materia di metodi di lavorazione delle carni, favorendo le medie e grandi aziende e rendendo proibitiva la prosecuzione del lavoro per gli artigiani. Eppure pochi altri prodotti agroalimentari hanno un legame così forte con il teroire quanto il mozzariello. Realizzato quasi esclusivamente intorno alla provincia di Napoli, in particolare nell’area Flegreo-Giuglianese e in quella tra Acerra e Nola, lo si può descrivere sinteticamente come una salsiccia di carne e interiora suine insaporita da molto peperoncino piccante e stagionata per circa 30 giorni. Alla preparazione di base, che richiede la macellazione, la frollatura in locali freschi, la triturazione e la miscelazione con sale ed aromi, l’insaccatura in budella con legatura e picchettatura, segue la possibilità di una interessante affumicatura con legna di faggio o quercia precedente la stagionatura.

Il mozzariello soffre, però, di quel complesso d’inferiorità sempre più presente nelle giovani generazioni, ossia quello di essere un cibo popolano e poco adatto al nostro “global language, global food”. Sono pochi, e perlopiù con intenti di opposizione al trendy e non per vera convinzione, coloro che perseverano nella tradizione. Pasqua è passata da poco, insomma, e in casa se ne conserva ancora il ricordo, oltre a qualche prodotto. Valga, così, una proposta per tutti: una minestra maritata con coronamento di mozzariello? Solo dopo averlo assaggiato, magari in compagnia di un buon vino, si può discutere se valga o meno la pena di recuperarlo. Io sono certo del risultato.

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