"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Sanremo 2012 - Episode I

15.02.2012 17:15

Non è l’inferno, direbbe Emma. E, in effetti, è solo Sanremo. Ma – si sa – Sanremo è Sanremo, così aumentano esponenzialmente di anno in anno le critiche e allo stesso modo crescono gli ascolti raggiungendo cifre quasi da brivido. Non ci sono variazioni sostanziali se sul palco scoppia la guerra in stile docufiction targata Adriano per esaltare una parte di sinistra o se invece cantano il neomelodico D’Alessio, amico dei potenti e la Bertè ridotta a fenomeno da baraccone.

Siamo all’edizione 62, 30 per chi scrive e forse con la generazione immediatamente successiva alla mia calerà il sipario di questo grande circo tutto italiano, dove si applaude in teatro per l’infelice uscita sull’invocata chiusura di Famiglia Cristiana e Avvenire e si fischia perché si annullano le votazioni delle canzoni in gara. Ovviamente, secondo il periodo carnevalesco, nel pieno sovvertimento di quanto avviene nella vita reale.

Dei miei 861 contatti Facebook almeno la metà ha postato commenti festivalieri, quasi tutti negativi s’intende. Eppure tutti lì incollati fino a mezzanotte passata a godere di sorrisi (quelli dei vip in prima fila) e canzoni. Perché la musica – checché se ne dica – c’è. Spesso già sentita, come la Nanì di Carone che somiglia troppo a Futura di Dalla e ricorda Anche per te di Battisti. Oppure Finardi che ancora cerca di conoscere l’inconoscibile e che dopo l’extraterrestre ora si rivolge direttamente all’innominabile Dio. Sotto tono i Marlene Kuntz, delicati i Matia Bazar, interessante Nina Zilli, prova a cambiare stile Arisa.

Dopo la fortunata parodia di In Amore e la conseguente riparazione, Luca e Paolo bissano quest’anno sul palco da cantanti (fuori gara, almeno loro) con Uomini soli, dedicata ai comici, privati di “papi”.

Storcono il naso i destrofili. Per i comici, per le battute e per il cachet di Celentano: solite polemiche sterili o facili giochi mediatici? Ai telespettatori l’ardua sentenza.

Stridente la comicità di Rocco Papaleo che, nonostante il suo spaziare da Veronesi a Vanzina, ricorda ancora l’umorismo sarcastico dei suoi inizi con Monicelli e D’Alatri.

A coronare la farsa più amata dello Stivale, la Guardia di Finanza, ormai prevedibile ospite dei luoghi “in” e Lorenza Lei, direttore generale Rai che invia un commissario. Perché Sanremo sarà pur sempre Sanremo ma l’Italia non si è mai tolta il pallino di Salò.

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