"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Scena terza (undicesima)

12.03.2009 00:00

La stanza è illuminata. È giorno. Dall’hi-fi, la voce del solito speaker radiofonico.

 

 

Speaker radiofonico: "Ciò che si fa per amore lo si fa sempre al di là del bene e del male". Che uomo questo Nietzsche, ragazzi! È l’unico filosofo che tutti gli studenti ricordano a scuola. Al Liceo lo vedevamo come emblema della libertà, del coraggio, del superuomo che ognuno voleva essere. E super è anche il prossimo successo.

 

 

Lui entra da destra ancora con spazzolino e dentifricio tra le mani ed abbassa il volume dell’hi-fi. Parla come meditando a voce alta.

 

 

Lui: "Al di là del bene e del male". Il mio web-zibaldone. Ero al quinto anno di Liceo, forse l'anno più bello, il primo in cui, riuscendo a vincere la timidezza, riuscii a “fare gruppo”.

Grande Russolillo! Uno dei filosofi che amava era Nietzsche. Friedrich Wilhelm Nietzsche. Ci disse di leggere qualcosa ed io cosa potevo andare a prendere se non quello?!

 

 

Cerca il libro nella sua libreria. Lo trova e lo prende.

 

 

Lui: “Al di là del bene e del male”.

 

Silenzio.

 

Lui: L'idea che qualcuno avesse potuto intuire che nel mondo non c'erano solo bianchi e neri, ma anche e soprattutto i colori, mi affascinava.

 

 

Sfoglia il volume, fino a quella pagina che sin dalla prima volta aveva cerchiato e che poi aveva consumato nel rileggerla.

 

 

Lui: Eccolo. Parte quarta. Aforisma 153.

 

 

Silenzio. Come se mnemonicamente contasse tutte le volte che ha detto, scritto e pensato quel brano.

 

 

Lui: Può sembrare molto vicino nella forma al detto che stabilisce che "in amore ed in guerra tutto è lecito" o alla concezione machiavellica che il fine giustifichi i mezzi. Eppure ne è enormemente distante.

 

 

Mentre continua a parlare, scende il telo a metà e mostra il suo blog, dove compare una frase: “sovrumani silenzi, e profondissima quiete/io nel pensier mi fingo ove per poco il cor non si spaura". È tratta da “L’infinito” di Giacomo Leopardi.

 

 

Lui: L'amore non può essere inserito nella categoria del bene, perché come diceva Francesco Colonna, l'amore è un dio che distrugge, che annulla, che trasforma. Non può, però, essere inserito nel male, perché quando si crea è estremamente bene...

 

 

Alza di nuovo il volume dell’hi-fi e si sdraia sul letto. Siamo verso la metà del brano “Cade la pioggia” dei Negramaro. Il telo comincia a sgranarsi e mostrare un’intelaiatura di codici binari.

 

 

Lui: Perciò l'amore va al di là del bene e del male, ed è per questo suo non riuscire ad inquadrarlo in una categoria che forse ci piace così tanto.

 

 

Solo musica.

 

 

Lui: Immaginare, rappresentare, creare con la fantasia... Perché "fingere"? Quante volte ho ingannato me stesso dicendomi di essere felice, dicendomi di avere tanto... Ma nulla voglio se non l'amore. E questa è invece l'unica cosa che non ho.

L'amore, quello che non ha mai saputo donarmi la sua faccia, quello che è stato per me, più d'ogni altro atto, finzione.

Davvero il mondo è tutto "struttura" come dice Morpheus in Matrix? E chi è l'eletto? Chi è che ama sul serio?

In molti dicono che se non si ama prima se stessi, nessun altro può amarti. Fingere, dunque, di essere qualcun altro. Fingersi qualcun altro per ottenere qualcosa, l'unica cosa che non potrà mai essere finzione.

 

 

La battuta deve terminare esattamente qualche istante prima dell’inizio del rap di Jovanotti all’interno della canzone.

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