"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Scena terza

11.03.2009 00:00

 Narratore: Prima era così. Erano le donne a decidere il corso di una storia d’amore… Prima… Eh?!

Dunque, dicevamo… Così si sono incontrati per la prima volta Diana e Virbio, i nostri simpatici sposini. Facile immaginare come sia andata a finire, no?! Naturalmente si sposarono.

E se vulevano bene assaje. Avevano fatto ‘na figlia, bella sul’essa, ‘a cchiù bella ‘e tutta a Grecia antica. Se chiammava Epirotina… Sì, vabbuò, ‘o sapimmo che era ‘nu nomme strano, ma chille erano Greci! E greci veri!... E po’, quanno bbuono buuono nun ce piace, a putimmo sempe chiammà Titina!

 

 

Nel frattempo, sul palco, i due dei con una bimba tra le braccia sono messi in luce. Parlano tra loro e si scambiano sguardi, ma noi non li ascoltiamo.

Mentre il narratore riprende, una Musa si alza dalla scena e si avvia verso il proscenio. È Talia che, con fare gaio, ascolta ciò che dice il narratore.

 

 

Narratore: Questa figlia la volevano talmente bene che diedero il suo nome al frutto dell’albero più bello del loro giardino.

 

 

Talia, interrompendo il narratore, si mette a ridere fragorosamente.

 

 

Narratore: (colto di soprassalto manifesta un certo spavento) Ah!!! Chi è?!

(si volta e vede la Musa). Ma chi sì?! Che bbuò?!


Talia:
Perdonami! (trattiene il riso e si ricompone) Come sarebbe a dire “chi sì” (fa il verso al narratore)?! Sono Talia, la musa della commedia, colei grazie alla quale tu vivi!

 

Narratore: (riconoscendola) Ah, Talì! Sì tu!

 

Talia: Capisco il tuo spavento, ma è giusto che ti interrompessi, perché dimenticavi qualcosa di molto importante.

 

Narratore: (pensoso) Che cosa?

 

Talia: L’albero.

 

Narratore: Qual’albero?

 

Talia: Quello di cui stavi parlando poc’anzi… Hai dimenticato di dire che quell’albero era un dono.

 

Narratore: (sorpreso) Davvero?

 

Talia: Certo. (divertita) Non lo sai?

 

Narratore: (insospettito) Talì, non è che mi stai prendendo in giro?!

 

Talia: (schernendosi) Io? Mai stata più seria di così!

 

Narratore: (al pubblico) E figurate quanno nun è seria!

 

Talia: Zeus, Giove, insomma il re degli dei, felice del matrimonio tra Virbio e Diana decise di donar loro qualcosa di molto speciale.

 

Narratore: (trasportato dal discorso) Sì?! E racconta, ja!

 

 

Durante il racconto di Talia, la scena viene mimata dai protagonisti.

 

 

Talia: Dunque, da dove cominciare? Ah, sì! Sicuramente tu sai che Diana è da sempre venerata come dea cacciatrice.

 

Narratore: Eh, certo!

 

Talia: Ma pochi sanno che la stessa è anche invocata come divinità che concede la prole agli esseri umani ed un parto facile alle madri.

 

Narratore: Ma veramente?! E nun era Sant’Anna chesta?!

 

Talia: Ma che dici, bifolco! Ricorda che in questa storia i Santi non esistono ancora! I fatti che stiamo raccontando risalgono ad almeno quattro secoli prima della nascita di Gesù Cristo… Certo che sei preparato, eh!

 

Narratore: Talia, ma tu sai che per noi napoletani Santi, Madonne, divinità… L’importante è che ce fanno ‘a grazia!

 

Talia: Dovrebbero farne anche una a me di grazia: donarmi un altro narratore!

 

Narratore: Comme sì permalosa!

 

Talia: Comunque, ti dicevo… In onore di Diana si svolge ogni anno una festa il 13 Agosto, un grande appuntamento mondano dove partecipano tutti gli dei e la gente più in vista della società. Durante questa festa, il bosco si illumina di una miriade di torce. Ed il fuoco sacro è il suo simbolo!

 

Narratore: (volendo collaborare) Il fuoco! E poi? Dici, dici che è bella sta storia.

 

Talia: E poi, durante questa festa i cani vengono inghirlandati…

 

Narratore: (interrompendola) Comme ‘e vuoje d’a Maronna ‘a Pace.

 

Talia: (non ascoltandolo) I giovani celebrano una cerimonia purificatrice…

 

Narratore: (con l’aria di uno che la sa lunga) Eh, immagino…

 

Talia: (come sopra) Si porta in dono il vino…

 

Narratore: (interrompendo) Eh! Chesto me piace!

 

Talia: (ormai infastidita) Ed ha luogo un banchetto dove, insieme al vino, viene servita carne di capretto…

 

Narratore: Buono!

 

Talia: Dolciumi bollenti serviti su foglie di vite…

 

Narratore: Ma pure senza vite…

 

Talia: E mele ancora attaccate in grappoli al loro ramo!

 

Narratore: E me… (riflettendo) Come come? Non ho capito.

 

Talia: Sì, le mele. Quelle mele… I frutti di quell’albero… sono al centro del banchetto di Diana.

 

Narratore: Addirittura! E perché?

 

Talia: Beh, ma perché, come ti dicevo prima, quelle mele sono un regalo.

 

Narratore: Davvero?

 

 

A questo punto, Diana, con in mano un piccolo albero di mele, si avvicina a Talia e le fa cenno con un sorriso che sarà lei a farsi carico di rispondere.

Il narratore si toglie il cappello e lo tiene tra le mani, stringendolo al petto.

 

 

Diana: Sì, mio caro narratore. Davvero. Il Gran Padre Giove, felice che io avessi scelto come sposo Virbio, volle farmi dono di sette alberi di mele, dicendomi che questo frutto sarebbe stato prezioso, ma che avrebbe potuto anche arrecarmi dei danni.

 

Narratore: Ah, capisco… ma permettete signora?… Je nun me l’avesse pigliato!

 

Diana: (sorridendo) Beh, ma non si può rifiutare un dono del Padre.

 

Narratore: Eh! Belli fatti!

 

Diana: Le mele sono il frutto dell’albero della conoscenza e, proprio per questo, possono arrecare felicità o discordia.

 

Narratore: Sì, avete ragione! Ma, scusate si me faccio ‘e fatte vuoste, ma a vvuje… hanno purtato “felicità o discordia”?

 

 

Diana scompare verso il fondo della scena.

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