"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Scena undicesima

03.03.2009 00:00

Narratore: Sì, mio rispettabilissimo pubblico, ll’annurca arrivaje accussì dint’e tterre ‘e chesta nostra bella reggione. Ma è un frutto particolare, un frutto dolce, non soltanto nel gusto ma anche nella storia e nella preparazione.

 

 

Una luce mette in evidenza Virbio che coglie le mele le Muse che le girano. Tra loro c’è anche Epirotina.

Una musica sottolinea la scena.

 

 

Narratore: È un frutto trattato con amore,

accudito fin dalla nascita,

accussì comme se vo ‘bbene e s’accudisce ‘nu criaturo.

Viene presa dall’albero d’o pate, ‘o campagnuolo,

quanno nun è ancora ammatura

pe’ nun ‘a fa’ cade’, pe’ nun ‘a fa fa’ male.

Viene leggermente adagiata a terra,

viene accudita dalle donne, ‘e mmamme,

ch’a ggirano, ‘a votano, ‘a fanno vasa’ d’o sole

e, fino ‘a quanno nun è ammatura,

‘a sera è accarezzata ‘a ‘na cupertella,

scarfata d’o fummo d’e cannavielli

ca veneno appicciate pe nun ‘a fa’ piglià ll’ummidità.

Po’, quanno è ormai addeventata “rossa”

vene pigliata ‘a terra

comme si fosse nu rapimento

pecchè addà piglià a via soja,

addà lassà ‘a famiglia ca ll’ha accudita

e addà fa’ felice ‘e tavole ‘e tanta gente.

Accussì succede cu’ e figlie,

accussì succedette pure cu Persefone,

‘na cugina ‘e Epirotina,

quanno se facette rossa.

Venette nu’rre, Ade, ca s’arrubbaje…

Ma chesta è n’ata storia!

Nun è overo Calliope?

 

 

Calliope avanzando dal fondo della scena racconta.

 

 

Calliope: Sì, mio caro narratore ed onoratissimo pubblico. Un giorno Persefone, mentre coglieva dei fiori vide la terra aprirsi e, dal profondo degli abissi, apparve Ade, dio dell'oltretomba, che la rapiva perchè da tempo innamorato di lei. Demetra, la madre, accortasi che Persefone era scomparsa, per nove giorni corse per tutto il mondo alla ricerca della figlia sino alle più remote regioni della terra. Ma per quanto cercasse, non riusciva né a trovarla, né ad avere notizie del suo rapimento. All'alba del decimo giorno venne in suo aiuto Ecate, che aveva udito le urla disperate della fanciulla mentre veniva rapita ma non aveva fatto in tempo a vedere il volto del rapitore, che suggerì a Demetra di chiedere aiuto a Virbio il quale, indagando, scoprì che a rapire la giovane era stato Ade. Alla fine Zeus, costretto a cedere alle suppliche dei mortali e degli stessi dei, inviò il suo messaggero da Ade per ordinargli di rendere Persefone alla madre. Ade esortò Persefone a fare ritorno dalla madre, ma prima che la sua dolce sposa andasse via, le fece mangiare un seme di melograno, compiendo in questo modo il prodigio che le avrebbe impedito di rimanere per sempre nel regno della luce. Grande fu la commozione di Demetra quando rivide la figlia ed in quello stesso istante, la terrà ritornò fertile ed il mondo riprese a godere dei suoi doni. Solo più tardi Demetra scoprì l'inganno teso da Ade: avendo Persefone mangiato il seme di melograno nel regno dei morti, era costretta a farvi ritorno, ogni anno, per un lungo periodo. Questo infatti era il volere di Zeus. Fu così allora che Demetra decretò che nei sei mesi che Persefone fosse stata nel regno dei morti, nel mondo sarebbe calato il freddo e la natura si sarebbe addormentata, dando origine all'autunno e all'inverno, mentre nei restanti sei mesi la terra sarebbe rifiorita, dando origine alla primavera e all'estate.

 

 

Calliope ritorna al suo posto.

 

 

Talia: (scendendo dal palco e mettendosi sottobraccio al narratore) Ma, come dicevi prima, caro narratore, questa è un’altra storia, ed è la storia di tutte le madri. Gli alberi di Diana, tuttavia, la incarnano con la loro ritualità, con i gesti loro dovuti e come dono che la Natura fa annualmente alla terra nel periodo del lutto di Demetra.

(chiamando) Clio!

 

Clio: Sì?!

 

Talia: Vorresti trasformare in storia quello che abbiamo cercato di dire in maniera non molto… come dire… ortodossa?!

 

Clio: (avanzando) Certo, cara Talia. Ma siete stati molto bravi. Come si può facilmente capire, quindi, il melo portato dall’Epiro attecchì e il suo frutto maturò nel territorio del Giuglianese, quando i contadini stanziatisi a Cuma avanzarono verso questa città. I sette alberi di melo portati dalla Grecia si moltiplicarono attraverso i secoli. L'annurca bella, rossa e di gentile aspetto preso a maturare sulle porche e diventò la regina delle mele.

 

Narratore: Citata da Plinio il vecchio come orbiculata, da Varrone e Columella Orcola chiamata, nel 1876 da Giovan Antonio Pasquale fu Annurca battezzata ed a Giugliano in Campania maggiormente coltivata.

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