"Ciò che si fa per amore è sempre al di là del bene e del male" (F. W. Nietzsche)


Chiude dopo un secolo di attività l’azienda “Arenata a Patria”. Tramonto annunciato per la tradizione giuglianese.

15.11.2008 00:00

Rifiuti. Se ne parla tanto, forse troppo ma, per pessima abitudine, ci si ferma sempre a quel veicolato segnale d’allarme che serve solo a distogliere dalle verità peggiori. Ci sono tonnellate di rifiuti appena fuori dai nostri urbanissimi centri abitati. E ci sono persone, poche in verità, che hanno continuato, troppo spesso invano, a sperare.

È la storia di Gennaro D’Orta, erede di una tradizione che da circa cento anni e tre generazioni affascina la sua famiglia: l’allevamento di bufale. Nell’ultimo periodo, però, i D’Orta sembravano degli svampiti Don Chisciotte contro i mulini a vento. Perché? Perché le loro bufale erano allevate tra Napoli e Pozzuoli, in quella zona una volta definita Leirianum per la presenza di gigli ed oggi semplicemente Lago Patria, un lago in cui nessuno vorrebbe bagnarsi per il timore di contaminazione, un fallimento di una tra le nostre migliori risorse turistiche.

“Se avessimo scelto di trasformare le nostre proprietà in aree su cui edificare, probabilmente oggi saremmo ricchi. Non abbiamo mai preteso di lucrare, abbiamo sempre tenuto in piedi questo allevamento per passione, ma l’agricoltura oggi non trova supporto da parte degli enti locali o nazionali” – dice Gennaro, Dottore in Veterinaria, Vicepresidente del Sindacato degli allevatori campani di bufale. “La mia azienda non è la prima e certo non sarà l’ultima a chiudere. Lo Stato non ha tempo e voglia di occuparsi di una categoria ormai in estinzione da queste parti”.

È un’amara verità quella raccontata da D’Orta, ed è amaro anche il suo pensiero che mai ha trovato un alleato nell’opinione pubblica, nei comitati contro le discariche che vedevano in lui, invece, il capro espiatorio della loro rabbia per la percentuale di tumori in costante aumento. “Ci dicono che i livelli di diossina riscontrati nel latte sono superiori a quelli stabiliti dalla norma, eppure c’è molta più diossina nel latte materno che non in quello delle bufale. Ricordo che durante la battaglia di Taverna del Re, i comitati criminalizzavano i contadini che, nonostante la presenza di un megaimpianto a due passi dalle loro proprietà, continuavano a coltivarli: i contadini erano i criminali e non chi ha scelto quelle aree per depositare rifiuti provenienti da tutta Italia”.

La chiusura di “Arenata a Patria” dovuta al crollo delle vendite è una sconfitta non solo per i D’Orta, ma per un sistema che lascia sempre più spazio all’instancabile distesa di cemento armato, togliendo il fiato a chi vorrebbe continuare a seguire l’antica vocazione agricola della Campania Felix.

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